04/11/2006 - 20:00:00 -
a cura di Giuseppe De Robertis, Presidente dell’Ordine Regio
La III commissione regionale sta discutendo, e lunedì potrebbe già licenziarlo, il regolamento attuativo della legge 19/96, che disciplina il sistema integrato dei servizi sociali. Si tratta di un passo importante, al quale bisogna prestare attenzione, perché presenta diverse criticità. L’Ordine regionale degli Assistenti Sociali le ha segnalate, proponendo alla Commissione alcune modifiche del testo.
Innanzitutto, vista l’attuale disponibilità di risorse attribuite ai Comuni, c’è il rischio che i fondi risultino improduttivi per la maggioranza dei cittadini con bisogni sociali. Il provvedimento, infatti, alzando il tetto dell’esenzione del valore ISEE (indicatore situazione economica equivalente) da 5.000 a 7.500 euro, intende allargare la fascia della gratuità totale dei servizi. L’intento è lodevole, senza dubbio, ma chi – come noi – affronta ogni giorno il problema dei bisogni e delle risposte da offrire, è costretto a sottolineare l’evidenza: a parità di risorse, questo “allargamento”, di fatto restringerà - e drasticamente - la platea dei destinatari. Vista l’entità delle risorse a disposizione, se non si prevedono adeguate forme di compartecipazione alla spesa, sempre proporzionata alle possibilità familiari, l’intero sistema dei servizi rischia di divenire iniquo e di ridursi all’erogazione di poche prestazioni, a pochi destinatari, che in molti casi ne beneficiano perché non vi è un adeguata valutazione della situazione patrimoniale, oltre che reddituale. E comunque: la compartecipazione economica, dell’utente o del parente, non solo in molte circostanze è “responsabilizzante”, ma è un esigenza, per la continuità dei servizi attivati dagli enti locali.
Il secondo rilievo riguarda il servizio sociale professionale. Auspichiamo che la Regione – nelle more di un intervento statale in materia – detti standard orientativi ai Comuni. Per esempio: l’esistenza, quanto meno, di un assistente sociale ogni 5.000 abitanti, per consentire il funzionamento dell’intero sistema, ma soprattutto per realizzare la cosiddetta prevenzione sul territorio. Senza risorse umane non è possibile trasformare i principi del welfare regionale in azioni di inclusione sociale. Inoltre, nel regolamento, alcun cenno è fatto sui centri di accoglienza per gli immigrati. Si tratta invece di una forte esigenza del nostro territorio.
Infine, per quanto riguarda l’affidamento familiare, il regolamento prevede che l’affidamento dei minori possa essere a tempo indeterminato. L’affido è sempre e solo a tempo determinato, la norma ipotizza quindi servizi contrari alla legge 184/83 e in questo modo, tra l’altro, lascia intravedere delle adozioni mascherate. Abbiamo chiesto la modifica sostanziale dell’articolo. Riteniamo, piuttosto, che sia indispensabile potenziare l’affido a livello locale e prevedere altre forme di intervento familiare. Come l’affido professionale già sperimentato in altre regioni, per il sostegno a minori disabili, abusati o maltrattati.
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