23/12/2006 - 18:00:00 -
a cura di Mons. Rocco Talucci - Arcivescovo
A Natale è nato un Bimbo: annunciava al mondo una novità di vita. Si chiamava Gesù. Da ragazzo cresceva in età, in sapienza e grazia. Da adulto passava per le strade facendo bene ogni cosa. Con la vita insegnò l’amore. Presto si capì che Gesù era l’amore, il Figlio di Dio, morto e risorto. Dio è l’amore. "Deus caritas est" (Benedetto XVI). La novità è l’amore, e l’amore non muore. Chi vive nell’amore - di Dio, del prossimo, di se stesso - vive bene e in eterno. Questa è la speranza cristiana che genera uno stile di vita.
I giovani fanno fatica a vivere questa novità. Forse anche la società, la scuola e la famiglia.
La società evidenzia spesso il malcostume e la caduta dei valori, tentando di trasformare in valori atteggiamenti che non hanno nulla a che fare con ideali di vita. Forse sono diffusi e urlati in piazza e spesso ostentati, ma l’adesione di massa non può generare un valore davanti a cui inchinarsi. I valori vanno desiderati, ma non tutti i desideri possono diventare valori o diritti da riconoscere.
La famiglia, cellula della società, e spesso figlia di questo tipo di società, si trova impreparata al compito difficile, si arrende alle pretese e soffre nel cammino educativo che appare gravoso.
I giovani vivono una forte contraddizione nella loro coscienza tra quello che sentono dentro e quanto vedono fuori, tra la sensibilità personale e la mentalità comune, tra l’ideale alto e la moda strisciante, tra la parola dell’uomo e della società che sentono vicina e permissiva e la parola di Dio e della Chiesa che cominciano a vedere lontana ed esigente.
La scuola, cerniera tra società, famiglia e Chiesa, possiede il termometro della situazione giovanile. Ma, aldilà del cammino culturale legato allo studio e alla ricerca in vista della migliore competenza professionale, registra spesso preoccupazione, ribellione, abusi, "bullismi", che causano sofferenze nel corpo e nella dignità. E, i prepotenti vengono considerati forti e i giusti deboli. A volte le minoranze "banali" turbano la maggioranza "serena". Esprimo tutta la mia vicinanza ai Docenti e ai Genitori per incoraggiarli nella loro opera educativa fondata sulla scelta della pedagogia e non sulla paura della magistratura.
Oggi si invoca un decalogo. Sono le dieci parole del Sinai che Gesù ha tradotto così: "non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te", anzi, "fa agli altri quanto vuoi per te". Certi fenomeni non sono frutto del caso.
Si attende dalla società una stabilità di indirizzo educativo che doni fiducia e speranza; dalla famiglia un dialogo che non si interrompa perché le parole dei genitori penetrano nel cuore; dalla scuola la capacità di mutare i valori proclamati in esperienze di vita.
La logica permissiva non rende felici gli uomini e la legalizzazione dei difetti non li rende virtuosi.
Gesù Cristo, il Buon Pastore, è esigente quando educa alla verità ma comprensivo davanti all’errore, per essere accanto a chi soffre e stimolare alla ripresa. I pastori "non buoni", invece, espongono alla falsa felicità e scompaiono davanti a realtà amare.
Il paradiso "artificiale" non costa, dura poco e delude. Quello vero costa molto, costruisce personalità degne e apre a prospettive di gioia. Ai giovani di "buona volontà" desidero rivolgere un appello accorato: crescete anche voi in età, cioè in umanità; in sapienza, cioè in saggezza; in grazia, cioè nell’amore di Dio.
A Natale è nata la Gioia, che è pace tra gli uomini e gloria per Dio.
|