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La Commissione per i problemi sociali della Diocesi e il Referendum
20/06/2006 - 07:30:00 - a cura di Redazione
Il 25 e 26 giugno gli italiani aventi diritto saranno nuovamente chiamati alle urne per esprimere il loro parere in merito al referendum confermativo sulla riforma costituzionale nota come “devolution”. A differenza degli altri, tale referendum non prevede alcun quorum: è valido qualunque sia il numero dei votanti. È dunque indispensabile, da parte di tutti, partecipare al voto. La commissione per i problemi sociali e del lavoro avverte la necessità di offrire qualche considerazione sul metodo e sul merito della riforma, vista l'importanza dei contenuti per le libertà fondamentali del cittadino. La posta in gioco, infatti, è davvero alta: la Carta costituzionale del 1948 deve essere a tutti i costi salvaguardata in quanto espressione qualificata di valori morali, diritti civili e cristiani (difesa della vita, lavoro, ripudio della guerra, pari dignità umana, etc.) diligentemente affermati all’indomani della seconda guerra mondiale. Pertanto, ci sembra di dover segnalare i seguenti criteri per un’attenta riflessione personale e comunitaria prima di questo importante appuntamento referendario: • intanto si raccomanda vivamente la partecipazione responsabile al voto: la latitanza dalle urne, in questo caso, si configurerebbe come una grave omissione; • la consultazione referendaria non può seguire la logica bipolare degli opposti schieramenti politici per non rischiare di cadere nel semplicistico fraintendimento che sinistra è uguale al no e destra al sì. In questo modo il referendum risulterebbe strumentalizzato a fini di parte; • occorrerà promuovere in seguito, qualunque sia l’esito della consultazione referendaria, un dibattito serio e uno studio più accurato, anche all’interno delle nostre parrocchie, sulle riforme costituzionali perché non appaiano più contrassegnate da volontà politiche di parte ma che siano il frutto di più larghe intese fra i diversi schieramenti politici e di un ampio coinvolgimento della società civile; • la “devoluzione” alle Regioni, come vuole l’attuale riforma, appare poco solidale specialmente in materia di sanità e di scuola con il rischio conseguente di avere alcune regioni in grado di garantire servizi eccellenti, perché più ricche, e altre, più povere, che non potranno garantire, ai loro cittadini, se non servizi scarsi e approssimativi; • un altro rischio dell’attuale riforma costituzionale consiste nell’indebolimento progressivo dell’autonomia del Parlamento a tutto vantaggio della figura del Primo Ministro che vedrebbe enormemente accresciuti i suoi poteri a discapito dei delicati equilibri propri di una democrazia parlamentare. Commissione per i problemi sociali e del lavoro
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