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LISTE DI ATTESA E LIBERA PROFESSIONE
15/08/2006 - 11:10:00 - a cura di Maurizio Portaluri - direttore Generale Asl Bat1
Quando leggo di liste di attesa in sanità mi torna in mente un episodio accaduto durante un’assemblea parrocchiale. Ero stato invitato a parlare di questo argomento e cercavo di dare alcune spiegazioni sul fenomeno. Dicevo che la loro causa erano a volte le poche apparecchiature, a volte la scarsa organizzazione, a volte i pochi medici che sono pieni di lavoro. A questo punto si alzava di scatto dal pubblico una giovane donna e mi interrompeva con decisione: ‘E no, mi disse, pochi medici? E perché quando si va in studio privato il tempo per accoglierci c’è e tutto diventa più semplice compreso il ricovero e gli esami che altrimenti è difficile eseguire?’. Subito mi accorsi, e ancora oggi ne sono convinto, che la donna aveva colpito nel segno. Dissi che anche l’agenda della libera professione doveva essere gestita con il CUP dalla Ausl ma non credo di aver convinto molto l’uditorio. In questi mesi si è detto che spesso gli esami non sono richiesti a ragion veduta, che le ausl neppure sanno quanti apparecchi hanno a disposizione e quanto vengono usati, che probabilmente si possono fare più visite e più esami negli ambulatori pubblici, che servono più anestesisti per operare e più operatori delle radiologie per eseguire esami. Altre cose si possono fare a costo zero. Un gruppo di infermieri nella ausl bat1 ha telefonato a casa dei pazienti prenotati per alcuni esami e ha scoperto che molti avevano già eseguito l’esame o vi rinunciavano per motivi diversi. Così si sono potuti recuperare molti posti per altri ammalati nonchè consigliare ad alcuni di rivolgersi a strutture della stessa ausl con tempi di attesa più brevi. Ma una volta fatte tutte queste cose, e bisogna farle, resta il problema centrale. Può un servizio sanitario pubblico accettare al suo interno una via di ingresso privata? Cosa diremmo di un giudice che facesse velocemente un processo a pagamento? O di un insegnante che impartisse lezioni private ad un suo alunno? E gli esempi di pubblici dipendenti potrebbero proseguire. Si sta programmando di investire – e già si è speso in questi anni – tanto denaro per costruire gli spazi per la libera professione “intramoenia”, denaro pubblico paradossalmente impiegato per far spendere soldi ai pazienti. Con questi soldi invece si potrebbero pagare di più i medici che rinunciano alla libera professione e gli infermieri e i tecnici che collaborano con loro, mandarli in altre realtà ad aggiornarsi e fare ricerca, migliorare i nostri ospedali e i nostri ambulatori sia dal punto di vista strutturale che da quello tecnologico (reti informatiche e nuove apparecchiature).
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