23/03/2007 - 10:40:00 -
a cura di Redazione
Venerdì 23 marzo nel Teatro Olmi di Latiano “Storie di scorie” di e con Ulderico Pesce a cura del Centro Mediterraneo delle Arti e del Comune di Latiano. Apertura del sipario ore 21.
E’ la storia di Nicola figlio di un contadino del Metapontino che per campare ha fatto di tutto. Ha lavorato come addetto alle pulizie nel deposito nucleare della Trisaia di Rotondella (Matera), dove negli anni ’60 arrivarono 84 barre di uranio radioattivo provenienti dagli Usa, delle quali 64 sono ancora conservate nel deposito lucano, altre riprocessate, altre ancora sono conservate nel deposito nucleare della Casaccia, a 25 chilometri a nord-est di Roma, dove è ancora in funzione un reattore nucleare, il Triga, che entro il 2008 dovrà sperimentare la “trasmutazione dei rifiuti radioattivi”, vale a dire dovrà tentare di bruciare il materiale radioattivo. Sperimentazioni che andrebbero fatte, per motivi precauzionali, lontano da centri abitati e corsi d’acqua. Avendo scoperto illeciti da parte dell’Enea, Nicola è stato licenziato. Successivamente è partito volontario per la Bosnia dove, senza saperlo, ha respirato polvere di proiettile all’uranio e si è ammalato.
Tornato in Italia ha fatto domanda alle Poste Italiane ed è stato assunto come postino a Saluggia (Vicenza). La piccola casa presa in affitto è sulla Dora Baltea: la finestra si affaccia proprio sul deposito nucleare del luogo. A novembre del 2003 decide di tornare in Lucania per partecipare alla protesta contro il decreto 314 del Governo, secondo il quale a Scanzano Jonico, paese dove è nato e dove suo padre ha un’azienda agricola, dovrà sorgere il deposito unico di scorie nucleari italiane. Nicola si troverà al fianco della sua famiglia ad organizzare la protesta contro il decreto 314 e comincerà ad informare la popolazione sul pericolo del deposito nucleare della Trisaia di Rotondella, dove ha lavorato anni prima, e a denunciare la situazione di alto rischio in cui vivono oggi i depositi nucleari di Latina, della Casaccia di Roma, di Caorso.
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